
Trama:
Sullo sfondo di una Palermo decadente, due generazioni di prostitute si confrontano con la durezza del periodo che va dal primo Novecento alla seconda guerra mondiale, e con le difficoltà della loro condizione di donne sole. In contrapposizione allo stile di vita dei nobili palermitani, le quattro protagoniste, la madre Lucia e le figlie Provvidenza, Pipina e Grazia, sfruttate e vessate dall’universo maschile, che mai le sostiene e mai le protegge, si trovano accomunate dal medesimo destino di donne di strada. Eppure questi due mondi distanti si intrecciano e si mischiano in modi tanto gretti quanto nobili. Dagli, aristocratici ipocriti, il conte Manfredi e il nobile Saverio, veri burattinai delle quattro fragili vite, al parroco padre Gaetano, tanti i personaggi ben strutturati, tra cui i “protettori” Silvestro e Minico, che si affiancano e si confrontano in un’atmosfera di greve realismo. L’autore offre immagini vivide sulle atrocità e le privazioni della guerra e nel contempo sugli aspetti più intimi e dolorosi della vita delle protagoniste. Sesso, amore, malattia e redenzione portano i personaggi a perdersi per poi ritrovarsi in un cerchio di comune appartenenza.
Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ho scelto di dare spazio a una storia che parla di dolore, dignità e resilienza: Malavita di Giankarim De Caro. Questo romanzo, dedicato alle donne dall’autore, ci accompagna tra le vicende di protagoniste costrette a confrontarsi con una realtà fatta di sfruttamento e sopraffazione. Donne che, schiacciate dalla povertà e da un sistema maschile ipocrita e spietato, trovano comunque la forza di affrontare la vita con una dignità che non si piega, nemmeno davanti alle condizioni più degradanti. Ciò che rende Malavita un libro unico è la capacità dell’autore di trasformare la durezza della cronaca in una narrazione struggente e piena di umanità. Giankarim De Caro racconta le vite di queste donne con una sensibilità rara; attraverso le sue pagine, dà voce a coloro che la società ha reso invisibili, donne bollate e marchiate, considerate colpevoli di una colpa che non hanno scelto. Sono vite marginali, trattate come scarto dalla stessa società che di notte le sfrutta e di giorno le disprezza. Leggendo Malavita, ho sentito il peso di questa realtà, una stretta al cuore che non mi ha abbandonato per tutto il libro. È una storia che ti fa riflettere; e la figura di Grazia, in particolare, è quella che mi ha colpita di più: una donna che cerca di riscattarsi, di dare un senso alla propria esistenza pur senza potersi davvero affrancare dal destino che le è stato imposto. Grazia mi ha fatto pensare a quanto, anche nei momenti più bui, ci sia sempre una possibilità di rivincita. Nonostante il contesto in cui si muove e il destino che sembra già scritto per lei, riesce a intravedere uno spiraglio per uscire dalla spirale che ha imprigionato sua madre e le sue sorelle. La sua scelta di sfruttare ciò che la vita le ha dato, invece di lasciarsi sfruttare dagli altri, non è priva di compromessi, ma rappresenta un tentativo di riscatto in un mondo che non le offre niente. Grazia mi ha colpita perché non si ribella urlando, ma lo fa con una determinazione silenziosa e concreta, dimostrando che, anche quando tutto sembra perduto, è possibile trovare la forza per cambiare qualcosa.
Andando più a fondo nella recensione, devo dire che la scrittura di Giankarim De Caro mi ha conquistata per la sua fluidità e la capacità di essere cruda quando necessario, senza mai risultare eccessiva. È uno stile che coinvolge, con una narrazione che ti fa vivere non solo le vicende personali delle protagoniste, ma anche il contesto storico in cui sono immerse. Ho apprezzato moltissimo l’intreccio tra gli eventi della storia italiana e la condizione umana, oltre che femminile, di chi è costretto ai margini. Le descrizioni, ricche di dettagli, mi hanno permesso di immergermi completamente nella Palermo di quel tempo. Un elemento che ho trovato particolarmente riuscito è la scelta dell’autore di dare voce alle donne con estrema delicatezza, come accennato nell’introduzione. È evidente l’intenzione di rispettare le protagoniste e il loro vissuto, senza mai indugiare sul giudizio o sul sensazionalismo. Mi ha colpito anche l’uso dei dialoghi in siciliano che dà profondità alle vicende e ai personaggi. Il dialetto non è solo una lingua, ma un’identità, e qui diventa un modo per avvicinare ancora di più il lettore alla realtà che si racconta. Il finale è sì agrodolce ma anche molto riflessivo. Non c’è una redenzione completa per tutte le protagoniste, ma c’è una nuova prospettiva, una sorta di eredità emotiva che restituisce dignità e forza a ciascuna delle donne della famiglia. È un epilogo che fa pensare, che rimane nel cuore e che spinge a riconsiderare l’intero percorso narrativo sotto una luce diversa. Forse non si può sfuggire del tutto al proprio destino, ma si può trasformare il modo di affrontarlo, e in questo c’è una forma di vittoria, anche nella sconfitta.
I personaggi del romanzo sono tutti descritti con grande maestria. Lucia, Provvidenza, Pipina e Grazia rappresentano diversi modi di affrontare un’esistenza ai margini: c’è chi si rassegna e chi cerca disperatamente una via di fuga. Lucia, la madre, lotta per proteggere le sue figlie, ma finisce per essere travolta dal destino che la società le impone. Grazia, invece, riesce in qualche modo a riscattarsi, a trovare una sua strada, mostrando che anche nei momenti più bui può esserci spazio per la speranza. Accanto a loro si muove un universo maschile che contribuisce a rendere le vite delle protagoniste più difficili, amplificando il senso di ingiustizia che permea l’intera narrazione.
Per quanto riguarda le tematiche, invece, il romanzo affronta questioni profonde e sempre attuali. La condizione femminile è al centro della storia, con un ritratto crudo delle ingiustizie che molte donne hanno subito e subiscono. Malavita parla anche di classi sociali: l’aristocrazia decadente e ipocrita contrasta con la povertà dignitosa, ma fragile, delle protagoniste. Questo contrasto non solo inquadra il contesto storico, ma diventa una riflessione su come il potere e il privilegio possano schiacciare chi si trova ai margini.
Malavita è un’opera che ci ricorda quanto sia importante guardare oltre le apparenze, oltre i giudizi superficiali, e ascoltare le storie di chi, per troppo tempo, è stato costretto al silenzio. Oggi più che mai, leggere un libro come Malavita significa riconoscere che la violenza contro le donne è il riflesso di una società che troppo spesso ha voltato lo sguardo. E, soprattutto, significa ricordare che dietro ogni storia c’è una persona, con la sua sofferenza, la sua forza, e il diritto di essere ascoltata.
VOTO: ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐

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